
Giustizia per Mimmo. È dalle 9 di ieri mattina che Pietro Crisafulli, insieme a familiari e amici, è incatenato davanti il Tribunale di Catania, per chiedere giustizia per il figlio Mimmo, morto circa un anno fa in un incidente stradale.
di Sonia La Farina
Era il 6 marzo dello scorso anno quando Domenico, conosciuto da tutti appunto come Mimmo, venne a mancare a causa di un incidente a Barriera. La Procura decise di aprire un fascicolo. Nell’incidente sarebbe stata coinvolta anche una donna alla guida di una Smart.
Dopo circa un anno di indagini, la Procura decise di chiudere il caso con un’archiviazione, che secondo Pietro Crisafulli, sarebbe arrivata sulla base di una perizia effettuata dal CTU (che sarebbe un ingegnere civile). Perizia che avrebbe attribuito la responsabilità dell’incidente a Mimmo.
Ma da pochi giorni sarebbero arrivate delle «prove inconfutabili – scrive nei social Pietro Crisafulli – ottenute dai filmati delle telecamere di sorveglianza di una vicina struttura sul luogo dell’incidente, che non lasciano alcun dubbio sul mancato arresto dell’auto al segnale di stop che ha travolto Mimmo, cagionandone la morte».
La donna alla guida non si sarebbe fermata, ma avrebbe solo rallentato.
Ma Crisafulli ricorda che il comma 5 dell’articolo 145, del Codice della Strada dice: “I conducenti sono tenuti a FERMARSI in corrispondenza della striscia di arresto, prima di immettersi nella intersezione, quando sia così stabilito dall’autorità competente ai sensi dell’art. 37 e la prescrizione sia resa nota con apposito segnale”.
«Con questa archiviazione mio figlio è stato ucciso per la seconda volta», dichiara papà Pietro, che dovendo già rassegnarsi alla perdita del figlio, non si rassegna alla decisione presa dalla Magistratura definendola “ingiusta”.
Proprio contro tale decisione, Pietro Crisafulli, rimarrà incatenato davanti al Palazzo di Giustizia etnea giorno e notte a tempo indeterminato.
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