Il 21 aprile 2017, Renzo Formosa, 15 anni, sta tornando a casa dalla scuola in sella al suo scooter, guida con molta prudenza, è l’ora di punta, gli studenti tornano a casa, mentre svolta nella curva di via Bartolomeo Cannizzo nel pieno centro di Siracusa, senza che possa accorgersene, Renzo viene travolto ed ucciso da una Fiat Panda che invade la sua corsia di marcia. L’autista della Panda guidava a velocità sostenuta. Renzo viene soccorso, arriva in ospedale gravissimo. Non ce la fa, esala l’ultimo respiro della sua giovanissima vita il giorno dopo. Mamma Lucia e papà Giulio sono distrutti dall’angoscia e dal dolore, ma restano lucidi quel tanto che basta a farsi alcune domande. Alla guida dell’auto che ha falciato ed ucciso il giovane ragazzo c’è Santo Salerno, figlio di un agente della Polizia Municipale di Siracusa. Sicuramente la parentela del giovane ha condizionato gli agenti intervenuti sul posto, (dove trà l’altro era presente il padre) che hanno scelto di non sottoporre il conducente al test alcolemico. Non erano tenuti a farlo, scopriranno, la scelta di sottoporre o meno un automobilista all’alcol test è a discrezione degli operatori, anche in presenza di un incidente grave come quello. Ci chiediamo: E l’alta velocità? E la guida contromano?
L’avvocato dei Formosa, Gianluca Caruso, si mette al lavoro per provare a contestare almeno queste aggravanti a chi ha procurato la morte di un ragazzino di quindici anni. Intanto Santo Salerno, che aveva provato a patteggiare per ben 3 volte, viene rinviato a giudizio per omicidio stradale. Dopo tre anni e 3 mesi, il caso vede una fantomatica condanna di primo grado con rito abbreviato: quattro anni, che non farà mai, oltre l’appello che sicuramente ridurrà questa miserabile condanna, si dovrà aspettare il giudizio della Corte di Cassazione ove lo stesso potrà ricorrere in modo da poter far trascorrere altri anni in attesa che verrebbe confermata definitivamente la pena che stabilirà la Corte di Appello, ed anche sè fossero 4 anni, Santo Salerno non andrà mai in galera perchè la legge consente di scontare pene fino a 4 anni, in affidamento ai servizi sociali.
Mamma Lucia non nasconde tutta la sua delusione. “Per questo Paese siamo degli invisibili. Si può uccidere un ragazzino e quasi farla franca. Provo solo vergogna e tanto dolore”, le sue parole tra le lacrime.
Sui social si scatena la rabbia con centinaia di messaggi di solidarietà nei confronti della famiglia.
Sul caso interviene anche Pietro Crisafulli papà di Mimmo Crisafulli 25 anni, (padre di 2 bambini), ucciso a Catania in un incidente stradale il 6 marzo 2017, la cui morte era stata prima insabbiata dalla Procura di Catania, poi definita durante le indagini preliminari con un fantomatico patteggiamento (mascherata archiviazione), ed una miserabile condanna a 5 mesi 10 giorni di reclusione con la condizionale, pena non menzione sul casellario giudiziale, è senza il ritiro della patente di guida, emessa da parte del Tribunale della di Catania, resa definitiva dalla Corte Suprema di Cassazione l’11 febbraio 2020, presidente dell’Associazione Sicilia Risvegli Onlus, responsabile Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada sede di Catania, conduttore live, delle rubriche “Uccisi Sulle Strade”, “Ingiustizie” e “Politica in Diretta” con migliaia di visualizzazioni sui social, che definisce questa sentenza, una presa in giro, ed un offesa alla famiglia Formosa. “Faremo di tutto – conclude Crisafulli, per far cambiare queste orribili leggi sull’omicidio stradale, la morte non si patteggia, il suo slogan, questi criminali devono andare in galera”.
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