MORTO A 50 ANNI PER MALASANITA?

LICATA. Morte “sospetta” e nuovo, presunto caso di malasanità tra l’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento ed il San Giacomo d’Altopasso di Licata. Un’inchiesta è stata aperta dalla Procura della Repubblica di Agrigento, per far luce sulle cause che hanno determinato il decesso di un operaio di 52 anni di Licata, trasferito d’urgenza al nosocomio di contrada Consolida, dopo essere rimasto – a quanto pare – per più di 10 ore in astanteria al Pronto soccorso dell’ospedale licatese.

In sostanza all’ospedale di Agrigento l’uomo sarebbe giunto in condizioni critiche per essere sottoposto ad un intervento chirurgico quando ormai era troppo tardi. Probabilmente si doveva intervenire prima. Sotto accusa, dunque, il pronto soccorso del nosocomio di contrada Cannavecchia a Licata, a cui l’uomo si era rivolto per un problema di calcolosi renale, un fastidio che si trascinava da tempo. Giunto al pronto soccorso è stato visitato e dopo l’applicazione di una terapia sarebbe stato dimesso. Ma l’uomo ha continuato ad accusare dolori e si è rivolto ad un professionista che opera a Gela, un urologo molto noto, che avrebbe prescritto terapia antibiotica e qualche antidolorifico per sedare il dolore. Ed è tornato a casa a Licata. Finito l’effetto dell’antidolorifico, avendo due calcoli all’uretere, l’uomo ha avvertito nuovamente dei dolori ed è tornato in pronto soccorso all’ospedale licatese. Qui i medici avrebbero disposto una consulenza medica in medicina (probabilmente errata – dicono gli esperti, perché sarebbe stata più opportuna una consulenza chirurgica), ed è stato nuovamente dimesso. Dopo qualche ora è tornato di nuovo in ospedale con dolori atroci e sarebbe rimasto per tutta la notte al pronto soccorso vedendo passare tre medici di turno, lo smontante, quello in servizio di notte e quello che ha montato alle 8. Senza applicazione di nessuna terapia. Proprio il medico che ha iniziato a lavorare alle 8 si è accorto che l’uomo era in uno stato pre – comatoso, soporoso, che non rispondeva, quindi lo ha intubato e  trasferito d’urgenza ad Agrigento.

Qui i sanitari del San Giovanni Di Dio hanno potuto fare ben poco in quanto l’uomo era già in setticemia ed in queste condizioni non c’è terapia efficace. Globuli bianchi alle stelle, è rimasto in coma indotto, stato di coma artificiale ma poi si è aggravato, fino alla morte. I familiari hanno riferito che quando l’uomo si è presentato al pronto soccorso del San Giacomo D’Altopasso aveva i battiti a 70 ed una febbre di 40 gradi. Ieri mattina al pronto soccorso dell’ospedale di Licata si sono presentati i carabinieri che hanno acquisito la cartella clinica dell’uomo e le terapie che sono state somministrate. Stessa cosa sarà fatta a Gela ed Agrigento, dove il cinquantenne licatese è stato curato prima di morire. Anche l’azienda sanitaria provinciale di Agrigento sta seguendo il caso di presunta “mala sanità” assicurando la massima collaborazione con le forze dell’ordine per ricostruire l’esatta dinamica di quanto accaduto e punire, se sarà necessario, gli eventuali responsabili di negligenza ed imperizia.

Al momento siamo nella fase iniziale dell’indagine ed al più presto, però, dovrà essere data comunicazione alla famiglia del cinquantenne licatese, morto per due calcoli renali. Quello che sembra un banale disturbo e che invece avrebbe causato, assieme alla presunta negligenza medica, fin qui non dimostrabile ma preventivabile, alla morte del paziente. L’Asp ha tutto l’interesse a far si che venga fatta chiarezza a tutela dell’immagine dei professionisti che operano nel presidio ospedaliero licatese e dell’intero sistema sanitario.

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