Via l’esclusione dalle scuole, via la discriminazione. Non ci saranno etichette sui banchi dei bambini. Nessun alunno di nido o materna verrà “segnalato” per effetto di una decisione dei propri genitori (quella di vaccinare, di vaccinare in parte oppure no).
Nessuno verrà accusato di far ammalare i compagni, tantomeno espulso a metà anno “per non compromettere il percorso di relazione, autonomia, creatività e apprendimento”.
Ma soprattutto ci saranno pari opportunità: le condizioni dei bimbi 0-6 anni saranno identiche a quelle dei ragazzini di 6-16: la scuola è un diritto per tutti e la prevenzione sanitaria (che non coincide con lo stato di malattia) è frutto di una libera e responsabile scelta dei genitori.
Le premesse del progetto di modifica alla legge 119 sull’obbligo vaccinale sembrano appartenere a una politica progressista d’altri tempi (quando i partiti di sinistra erano considerati di “ampie vedute”).
Invece, il disegno di legge numero 363 depositato in Senato il 14 maggio, è stato voluto dalla Lega. Firmato da tutti senatori, entrerà in commissione Sanità presumibilmente nelle prossime settimane (le commissioni non sono ancora state formate). Quindi passerà al Parlamento.
Il primo firmatario è Paolo Arrigoni, ingegnere lecchese, al secondo mandato in Senato.
Arrigoni ha seguito l’iter della legge 119 dagli inizi.
Perché avete pensato subito di cambiare questa legge?
“La abbiamo sempre considerata illiberale. Ha alimentato divisioni all’interno delle famiglie e fra i medici stessi, molti dei quali hanno paura ad esprimersi. Anziché promuovere l’informazione ha accresciuto la diffidenza: gli eventi avversi non si possono negare così come una scelta di prevenzione medica non può essere costrittiva e condizionante l’ingresso a scuola. A meno che non subentrino condizioni di emergenze infettive che, finora, non si sono verificate”.
Cosa proponete di modificare?
“Per il momento tre punti. Primo: il comma 3 dell’articolo 3 che prevede che l’attestato vaccinale completo sia requisito d’accesso al momento dell’iscrizione solo per i bimbi 0-6 anni e non per quelli più grandi. Vi è una disparità di trattamento che intendiamo risolvere: non vi è alcun fondamento per ammettere a scuola alcuni bambini ed escluderne altri. Oltretutto è un comma che fa a pugni con altre leggi sul diritto all’istruzione, sulla continuità educativa e sulla non discriminazione. Perciò le prove delle avvenute vaccinazioni non saranno più requisito d’accesso”.
E le multe da 100 a 500 euro per ogni vaccinazione non fatta?
“Non abbiamo toccato le sanzioni. Ma abbiamo ragionato sull’ipotesi di usare il ricavato per potenziare i servizi informativi e la farmacovigilanza, come è avvenuto, con successo, prima della legge 119, in Regione Veneto”.
Secondo punto da cambiare?
“È collegato al primo. Si tratta del comma 5 dell’articolo 3 bis. La legge 119 parla di decadenza dell’iscrizione dalle scuole dell’Infanzia, a partire dall’anno 2019/20, in caso di mancata o carente documentazione. Vi è sempre una ingiustificata disparità di trattamento rispetto a ciò che è previsto per ragazzi da 6 a 16 anni. Per questi ultimi nessuna decadenza di iscrizione, solo la multa”.
Ma non è un controsenso pagare per non vaccinarsi? Ogni multa presuppone un’infrazione, in questo caso presupporrebbe un’informazione e poi una scelta.
“È un controsenso”.
Terza modifica?
“Il comma 2 dell’articolo 1. Si parla di usare i vaccini mono componenti su chi ha già contratto quelle malattie i cui antigeni sono inseriti nei vaccini plurimi. Ma la legge 119 dice anche che, se non sono disponibili i vaccini monodose, si debbono fare comunque gli altri. Noi diciamo che non si deve costringere nessuno, già immunizzato, a ricevere nuovi antigeni di malattie già contratte perché il Sistema Sanitario non ha a disposizione le formulazioni. Una indisponibilità del Sistema Sanitario non può ripercuotersi sul singolo”.
Avete discusso la proposta di legge con il ministro Giulia Grillo?
“Nello specifico no. Ma ci siamo incontrati e confrontati sulle esclusioni da scuola, anche lei è contraria”.
Se il ministro facesse un decreto legge sistemerebbe la situazione con l’inizio delle scuole?
“Sì”.
Quando accennava alle divisioni provocate dalla legge 119 ha detto che alcuni medici hanno timore a dire quello che pensano. Come vede le radiazioni dei medici per “dissenso vaccinale”?
“Non entro nel merito ma osservo che è alquanto strano che uno Stato reagisca alle critiche con le radiazioni, è davvero un brutto segnale”.
Delle vaccinazioni cosa è di competenza medica e cosa della politica?
“…il medico autentico, come lo scienziato, si mette sempre in discussione, si nutre di dubbi, non li elimina. Il buon politico agisce con buon senso, in equilibrio. Si occupa della salute pubblica che non è in contraddizione con quella privata: se i singoli stanno bene anche la collettività è in salute. Nello specifico mi auguro che torni in auge la Commissione vaccinale (formata da ricercatori e studiosi indipendenti che decidano le vaccinazioni da adottare)”.
Ha vaccinato le sue figlie?
“Sì”.
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